Ramoracce (o ramoracci), le gustose erbe selvatiche tipiche dei castelli romani

Le ramoracce, chiamate anche ramoracci, sono una tipologia di erba selvatica che cresce nella zona dei Castelli Romani.

Si tratta di un prodotto molto versatile, conosciuto con numerosi altri nomi, come per esempio ramolacci, dal sapore molto simile a quello dei broccoletti, ma più delicato. (per questo vengono chiamate anche broccoletti selvatici).

Essendo un’erba selvatica, si tratta di una verdura molto economica, ma non per questo poco gustosa: infatti, può essere mangiata da sola o inserita in diversi piatti, soprattutto primi e secondi, ma anche deliziosi antipasti. È raro trovare quest’erba nei supermercati, ma di sicuro si trova nei mercati rionali e non solo nella zona di Roma, ma in buona parte del centro Italia.

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Storia del ramoraccio

Il nome scientifico delle ramoracce è Raphanus raphanistrum, ma il nome con cui è conosciuta comunemente quest’erba selvatica varia da zona a zona.

Il termine raphanus è latino e, letteralmente, significa ravanello: infatti, le ramoracce sono chiamate anche ravanelli selvatici e, proprio da questa pianta, derivano i ravanelli che vengono coltivati oggi in agricoltura; tuttavia, per dimensioni e gusto, si tratta di un prodotto molto più vicino alle cime di rapa o alla cicoria, ma con un sapore e un odore molto più delicati, come si può capire già durante la cottura.

Le ramoracce crescono spontaneamente in buona parte del territorio italiano e appartengono alla famiglia delle Crocifere, genere Raphanus. Come dimostra questo nome, spesso, nel corso della storia, le ramoracce sono state confuse con il rafano o il ravanello, ma il nome ramoraccio si riferisce alle foglie della pianta in questione, non alla radice.

Fin dall’epoca degli antichi Romani, la radice delle ramoracce era particolarmente apprezzata, perché si diceva possedesse proprietà afrodisiache, mentre le foglie non godevano della stessa fama, tanto che lo studioso, scrittore e scienziato Plinio il Vecchio le aveva definite cibus illiberalis, vale a dire “cibo ignobile”.

Nel corso dei secoli però, le ramoracce hanno iniziato a essere usate sia per scopi alimentari che come medicamenti, tanto da essere citate, nel Cinquecento, dal medico Pietro Andrea Mattioli, autore del principale erbario italiano del XVI secolo.

Quali sono le proprietà del ramoraccio

In passato, le ramoracce erano molto utilizzate per arricchire zuppe e minestre, poiché sono un tipo di verdura molto saziante e che conserva le proprie qualità anche dopo la cottura.

Il ramolaccio contiene sodio, potassio, ferro, calcio, fosforo e vitamine A, B, C ed E. Durante i mesi estivi, quando le temperature si alzano e il clima è più caloroso, la pianta fiorisce e produce il seme, perciò risulta essere dura e fibrosa, ma per il resto dell’anno è sempre possibile raccogliere le ramoracce, poiché resistono al gelo.

In ogni caso, la raccolta avviene principalmente nel periodo compreso tra i mesi invernali e quelli primaverili.

Quest’erba selvatica ha proprietà disintossicanti, soprattutto se consumata cruda, in insalata, raccogliendo solo le prime foglioline; inoltre, se ne ricava un estratto utile come diuretico, analgesico e spasmolitico e pare che sia efficace anche contro l’insonnia. In passato, dalle radici delle ramoracce veniva anche estratto un succo utilizzato per schiarire le efelidi.

Come si consumano le ramoracce

Le ramoracce vengono consumate a crudo, soprattutto per quanto riguarda le foglie più giovani o i fiori non ancora sbocciati, sia in insalata che sotto forma di pesto, ottimo per arricchire della pasta o anche semplicemente spalmato sul pane.

Le foglie possono essere anche pastellate e fritte, come se fossero fiori di zucca. In particolare, nella zona dei castelli romani è frequente lessare le ramoracce insieme alle patate e poi ripassarle in padella, oppure utilizzarle come condimento per la pasta, insieme ad aglio, olio e peperoncino.

In generale, si tratta di un’erba selvatica che è diventata, con il tempo, uno degli alimenti tipici della tradizione contadina. Oggi è uno dei piatti tipici soprattutto dell’area dei Castelli Romani, dove viene servito in alcuni piatti ormai iconici, anche per i turisti, come la frittata di patate e ramoracci, tipica della zona di Rocca Priora, oppure la zuppa di ramoracci con cavoletti neri, diffusa nell’area di Genzano, o ancora le “ramuracce co a’ pizzetta”, una sorta di focaccia con le ramoracce ripassate in padella, che si consuma principalmente a Velletri. Ad oggi, è uno dei sapori del passato che si cerca di riscoprire e far ritornare in auge, per non perdere il legame con le proprie radici.

L’utilizzo in cucina

Anche se si tratta di un’erba selvatica legata alla cucina tradizionale, oggi le ramoracce sono utilizzate in piatti innovativi e moderni, coniugando sapori nuovi, anche appartenenti a diverse tradizioni.

Per esempio, sono un’ottima alternativa alle solite verdure utilizzate nelle insalate di pasta o di riso fredde, oppure nel cous cous, ma vengono utilizzate molto anche in abbinamento alla carne, soprattutto agli arrosti, oppure degustati sott’olio in un antipasto.